Patologie Neurovascolari Cerebrali

Patologie Neurovascolari Cerebrali

Aneurismi cerebrali

Definizione

Gli aneurismi cerebrali sono dilatazioni patologiche delle arterie intracraniche.

Esistono 4 tipologie di aneurisma:

  • Sacculare
  • Fusiforme
  • Dissecante
  • Micotico

La prevalenza di aneurismi intracranici nella popolazione generale è di circa il 3%, sebbene la maggior parte dei pazienti sia asintomatica. L’incidenza annuale di rottura varia dallo 0,5% all’1,8%. La rottura di un aneurisma è solitamente iniziata da un fattore scatenante, che può essere dovuto a manovre di Valsalva (come durante la defecazione, la tosse o il vomito), rapporti sessuali, esercizio fisico intenso o consumo eccessivo di caffeina. In altri casi la rottura è un eventuale assolutamente fortuito.

Anche le dimensioni della sacca sono direttamente correlate al rischio di rottura: aneurismi con diametro di 7 mm o maggiore hanno un rischio di rottura più elevato, mentre il rischio di un evento emorragico è molto basso se il diametro è inferiore a 7 mm.

Gli aneurismi si trovano più comunemente nel circolo anteriore, alla giunzione tra l’arteria comunicante anteriore (ACom) e l’arteria cerebrale anteriore (ACA), la biforcazione dell’arteria cerebrale media (MCA) e la giunzione tra l’arteria comunicante posteriore (PCom) e l’arteria carotide interna (ICA). Un totale del 15% si verifica nella circolo posteriore, comunemente all’apice dell’arteria basilare (BA), alla giunzione tra l’arteria basilare e l’arteria cerebellare superiore (SCA) o cerebellare anteriore inferiore (AICA) e la giunzione tra la vertebra e il cerebellare posteriore inferiore arterie (PICA).

Fattori di rischio che favoriscono l’insorgenza di aneurismi intracranici acquisiti includono ipertensione, fumo cronico, assunzione di alcol e abuso di droghe (come cocaina e anfetamine).

Anche alcune patologie a trasmissione familiare sono associate ad un aumentato rischio di sviluppare aneurismi come la malattia del rene policistico autosomico dominante, la sindrome di Ehlers-Danlos di tipo IV, la sindrome di Marfan o la displasia fibromuscolare.

La presentazione più comune della presenza di un aneurisma intracranico è legato alla sua rottura e alla conseguente emorragia subaracnoidea (versamento di sangue sulla superficie del cervello) e si manifesta generalmente un forte mal di testa, tipicamente descritto come “il peggior mal di testa della mia vita” acuto, improvviso come una pugnalata. Altri sintomi che possono essere presenti in caso di emorragia subaracnoidea includono nausea e vomito, deficit neurologici focali, perdita di coscienza e irritazione delle meningi.

Gli aneurismi non rotti, d’altra parte, sono nella maggior parte dei casi asintomatici, sebbene in alcuni casi il paziente possano presentare deficit neurologici focali o convulsioni, a seconda delle dimensioni e della posizione dell’aneurisma.

Gli aneurismi cerebrali non rotti vengono diagnosticati nella maggior parte dei casi a seguito di RM encefalo eseguite per altri motivi; in questi casi si può approfondire lo studio RM con sequenze AngioRM.

In caso di sintomatologia da sospetta rottura aneurismatica il primo esame che viene eseguito presso il pronto soccorso è una TC encefalo per confermare la presenza di un sanguinamento intracranico e, in caso venga confermata la presenza di emorragia subaracnoidea, si procede con un approfondimento Angio-TC encefalo che permette di osservare alterazioni a carico dei vasi cerebrali.

Tuttavia, ad oggi, l’esame di riferimento per studiare la presenza e le caratteristiche di un aneurisma cerebrale, anche nell’ottica di un trattamento chirurgico, rimane l’angiografia.

In presenza di aneurismi non rotti l’importanza del trattamento risiede nella prevenzione della rottura aneurismatica e dell’emorragia subaracnoidea, che ha un tasso di mortalità superiore al 30%.

In caso di rottura aneurismatica, invece, è imperativo un trattamento urgente sia per fermare il sanguinamento in atto, sia poiché il rischio di risanguinamento di un aneurisma è molto elevato nei primi giorni successivi alla rottura.

Il trattamento degli aneurismi ruota attorno a due modalità principali: la riparazione chirurgica dell’aneurisma o “clipping” e la riparazione endovascolare (coiling o stenting).

  • Il clipping è una procedura microchirurgica in cui viene eseguita una craniotomia e una clip (una sorta di forcina per fermare i capelli) viene posizionata sull’origine dell’aneurisma per impedire l’afflusso di sangue nello stesso.

Il trattamento endovascolare comporta il passaggio di un catetere attraverso un’arteria periferica (in genere l’arteria femorale) nella circolazione cerebrale ed il posizionamento di spirali nell’aneurisma o di stent che escludono l’aneurisma dalla circolazione intracranica.

Malformazioni arterovenose (MAV)

Definizione

Le malformazioni arterovenose (MAV) cerebrali sono grovigli di arterie e vene cerebrali malformate che convergono in un nidus vascolare senza un normale tessuto cerebrale intermedio.

L’incidenza delle MAV nella popolazione generale varia da 1,10 a 3-9 casi ogni 100.000 abitanti.

L’emorragia è spesso considerata la fonte primaria di morbilità e mortalità da MAV, con un tasso di mortalità che si associa attorno all’11%.

Il rischio di emorragia di una MAV non trattata e non rotta è stimato tra l’1% e il 3% all’anno. È maggiore nelle MAV che abbiamo già presentato un sanguinamento rispetto alle MAV non rotte, specialmente entro il primo anno dopo l’emorragia iniziale.

Una forte cefalea non responsiva a terapia farmacologia da emorragia intracranica per rottura della MAV è la manifestazione sintomatica più comune di MAV. Va comunque sottolineato come la cefalea possa essere un sintomo presente anche in presenza di MAV non rotte, sebbene di intensità inferiore.

L’insorgenza di crisi epilettiche è il secondo sintomo più frequente, presente in circa un terzo dei casi.

Nei pazienti con MAV rilevate accidentalmente, c’è un rischio approssimativo dell’8% di sviluppare crisi epilettiche per la prima volta entro 5 anni dalla diagnosi, fino al 23% per coloro che presentano emorragia o deficit neurologico focale.

Si stima inoltre che il rischio di sviluppare epilessia si attesti attorno al 58% per i pazienti senza emorragia o deficit neurologico che hanno avuto una prima crisi alla presentazione o durante il follow-up.

L’angiografia cerebrale resta sicuramente l’esame più accurato per lo studio della MAV, permettendo di definire con precisione  quali siano i vasi atreriosi afferenti e gli scarichi venosi efferenti, le caratteristiche del nidus e l’eventuale presenza di aneurismi associati o di fistole artero-venose all’interno o in prossimità del nidus.

La RM encefalo, associata a sequenze AngioRM e studi funzionali, permette di valutare il rapporto della MAV col parenchima circostante e con aree cerebrali eloquenti (cioè associate a funzioni come il movimento o la parola).

L’obiettivo del trattamento della MAV è la l’asportazione o l’obliterazione del nidus in modo tale da evitare il rischio di sanguinamento.

Ad oggi non esiste un trattamento standard per le MAV, ma va selezionato il trattamento migliore sulla base delle caratteristiche del paziente e della malformazione.

Le attuali opzioni di gestione per i pazienti con AVM includono la asportazione con tecnica microchirurgica, l’embolizzazione e la radiochirurgia stereotassica (SRS).

Il trattamento microchirurgico prevede, dopo una craniotomia, l’isolamento del nidus, la chiusura delle afferenze arteriose e degli scarichi venosi e la successiva asportazione della malformazione. L’intervento chirurgico radicale permette la guarigione definitiva del paziente e la risoluzione del quadro.

Il trattamento endovascolare consiste nell’insermento di un microcatetere, generalmente dall’arteria femorale, fino a raggiungere, sotto guida radioscopica, le arterie che riforniscono di sangue la malformazione: una volta raggiunte vengono iniettati polimeri (colle) con lo scopo di occludere questi vasi.

Sebbene in alcuni casi, soprattutto nelle MAV di piccole dimensioni, sia possibile ottenere l’obliterazione della malformazione con il solo approccio endovascolare, frequentemente quest’ultimo è utilizzato per ridurre il flusso di sangue rendendo più agevole la chirurgia successiva.

Il trattamento radiochirurgico consiste nel convogliare radiazioni ionizzanti sulla MAV con l’obiettivo di indurre una sclerosi delle pareti dei vasi che la compongono e di conseguenza la progressiva delle afferenze arteriose e del nidus.

Generalmente il trattamento radiochirurgico viene riservato a MAV di piccole dimensioni situate in profondità o in aree eloquenti e, soprattutto, senza storia di pregressi sanguinamenti, poiché la chiusura della MAV con questo trattamento può richiedere anche anni e durante questo intervallo il rischio di sanguinamento permane invariato.

Angioma cavernoso

Definizione

Gli angiomi cavernosi, noti anche come cavernomi, sono anomalie vascolari del cervello costituite da gruppi di capillari anormali e ialinizzati circondati da depositi di emosiderina.

L’incidenza di angiomi cerebrali varia dallo 0,4% allo 0,8% nella popolazione generale, tuttavia sono l’anomalia vascolare più comune, costituendo il 10-25% di tutte le malformazioni vascolari.

Il rischio annuale di sanguinamento si attesta attorno all’1% per lesione nei pazienti senza storia di emorragia, ma sale al 4,5% nei pazienti con storia di precedente emorragia intracerebrale. Il rischio di rottura dipende anche dalla localizzazione della lesione, dalle sue dimensioni, dalla presenza di un’anomalia venosa dello sviluppo (DVA) e dal sesso del paziente. Inoltre, le pazienti di sesso femminile hanno una prognosi peggiore rispetto ai pazienti di sesso maschile.

Sebbene la maggior parte dei cavernomi insorgano in maniera sporadica, circa il 40-60% dei pazienti ha la forma familiare.  Questa di solito provoca cavernomi multipli, mentre la malattia sporadica porta tipicamente a sviluppare un singolo cavernoma.

Nella maggior parte dei casi il cavernoma cerebrale è totalmente asintomatico e viene diagnosticato in maniera accidentale a seguito di esami eseguiti per altri motivi.

I sintomi più frequenti sono crisi comiziali e, in caso di sanguinamento, l’insorgenza di deficit neurologici focali.

La diagnosi dei cavernomi è più difficile rispetto ad altre malattie vascolari poiché non sono visibili all’angiografia diagnostica.

La RM encefalo convenzionale pesata in T1 e T2, le sequenze di gradient-echo, la SWI, la DWI, e la DTI e la risonanza magnetica funzionale sono alcune delle tecniche avanzate utilizzate per la diagnosi dei cavernomi e per il planning chirurgico.

La resezione microchirurgica è il trattamento di scelta dei cavernomi cerebrali.

In genere il trattamento chirurgico viene proposto a pazienti che hanno avuto emorragie multiple in aree eloquenti o una singola emorragia in un’area non eloquente associata a deficit neurologici in peggioramento. Inoltre, la presenza di sintomi gravi, come instabilità cardiaca o respiratoria, e la presenza di una lesione CM entro 2 mm dalla superficie piale sono indicazioni importanti per la chirurgia. I pazienti vengono trattati con steroidi da 1 a 2 settimane prima dell’intervento per limitare l’edema e consentire la resezione del CM.

La rimozione completa della lesione può portarer a guarigione del paziente, prevenendo eventi emorragici ricorrenti.

Sebbene la resezione microchirurgica sia il trattamento standard per i cavernomi, il rischio di complicanze non è trascurabile quando si trattano sono localizzati in zone eloquenti o in profondità. Quando il rischio chirurgico è elevato, la radiochirurgia stereotassica (SRS) può essere valutata per ridurre il rischio di sanguinamento a distanza.

Fistola arterovenosa durale (FAVD)

Definizione

Le fistole arterovenose durali (FAVD) sono comunicazioni anomale, all’interno dei lembi durali, tra le arterie meningee e i seni venosi durali e/o le vene subaracnoidee. Rappresentano circa il 10-15% di tutte le malformazioni vascolari intracraniche. L’evidenza attuale suggerisce che le FAVD sono lesioni acquisite e presenti più tardi nella vita rispetto alle malformazioni arterovenose cerebrali parenchimali (MAV). Le sedi più comuni includono il seno cavernoso, la placca cribriforme (posto sopra il naso), il seno sigmoideo trasverso e il tentorio.

Sebbene le FAVD possano verificarsi a qualsiasi età, l’età media di presentazione è compresa tra 50 e 60 anni. Si ritiene che le DAVF osservate negli adulti siano lesioni acquisite; tuttavia, quelli che si verificano nei bambini possono essere congenite.

La presentazione clinica delle FAVD è determinata sia dal modello di drenaggio venoso, sia dalla posizione della fistola: FAVD che drenano in modo anterogrado in un seno durale di solito si manifestano mal di testa e tinnito pulsatile. Se c’è drenaggio del seno retrogrado la pressione venosa intracranica e quindi la pressione intracranica sono elevate e i pazienti possono manifestare cefalea grave, papilledema e, occasionalmente, declino cognitivo progressivo che porta alla demenza. Le FAVD che hanno un drenaggio venoso corticale possono presentarsi con manifestazioni cliniche aggressive, tra cui ematomi intraparenchimali o deficit neurologici progressivi come demenza, convulsioni, parkinsonismo o atassia dovuta a edema cerebrale o ischemia.

La modalità di presentazione e la posizione delle FAVD sono strettamente correlate. I pazienti con FAVD della giunzione sigmoidea trasversale soffrono tipicamente di acufene pulsante dovuto alla presenza di uno shunt ad alto flusso e bassa pressione in prossimità dell’apparato uditivo. Allo stesso modo, è più probabile che le fistole della fossa media si presentino con acufene pulsante a causa dell’aumentato drenaggio attraverso i seni sigmoidei e trasversali. Le FAVD nella regione del seno cavernoso arterializzano le vene oftalmiche e si presentano tipicamente con esoftalmo, chemosi e perdita della vista a causa dell’aumento della pressione intraoculare. Le FAVD della fossa cranica anteriore si presentano spesso con emorragia, ma possono anche presentarsi con proptosi e chemosi se acquisiscono drenaggio del seno cavernoso.

L’imaging non invasivo, ossia la TC e la RM, con approfondimento AngioTC ed AngioRM, son in genere gli esami di prima linea in caso di sospetto clinico. La TC può mostrare la presenza di emorragia intracranica, idrocefalo, edema cerebrale correlato a congestione venosa, occlusione del seno venoso interessato o vene corticali allargate.; la RM, invece, può rilevare vuoti di flusso, ingorgo venoso, cambiamenti del segnale della sostanza bianca in T2, indicativi di congestione venosa, occlusione del seno venoso o stenosi. Eventuali anomalie di questo tipo che suggeriscono la presenza di una FAVD.

In caso di reperti riconducibili a FAVD, dovrebbe essere eseguita una angiografia diagnostica per confermarne la presenza e le caratteristiche, come la posizione della fistola, l’apporto arterioso, la pervietà dei seni venosi e lo schema del drenaggio venoso.

ll trattamento può essere chirurgico o endovascolare.

Il trattamento microchirurgico consiste nella chiusura dell’anomalo passaggio arteria-vena,   mentre il trattamento endovascolare, che può essere arterioso o venoso a seconda se si passi dal torrente arterioso o venoso, si realizza raggiungendo con un microcatetere il punto di fistola ed occluderlo iniettando della colla.

 

In entrambi i casi, una obliterazione completa permette la guarigione del paziente.

credit: Alessandro Pesaresi ​