Adenoma Ipofisario

Adenoma ipofisario

Definizione

Gli adenomi ipofisari sono tumori benigni, generalmente a lenta crescita, che insorgono dall’ipofisi anteriore e rappresentano circa il 15% delle neoplasie intracraniche. La prevalenza di adenomi ipofisari nella popolazione generale varia dal 14.4% al 22.5%.

In base alle dimensioni possono essere suddivisi in:

  • Microadenoma: tumore di dimensioni inferiori a 10 mm.
  • Macroadenoma: tumore di dimensioni superiori a 10 mm.
  • Adenomi giganti, se sono più grandi di 40 mm.

La patogenesi dell’adenoma ipofisario rimane sconosciuta. La maggior parte degli adenomi ipofisari sono sporadici, sebbene siano state osservate anche forme familiari e forme legate a particolari sindromi genetiche come la neoplasia endocrina multipla di tipo 1 (o MEN1).

Nella maggioranza dei casi sono adenomi non funzionanti, ossia le cellule tumorali non causano una ipersecrezione di alcun ormone prodotto normalmente dalla ghiandola ipofisi.

Nei restanti casi sono adenomi funzionanti (o secernenti) e comportano un aumento della secrezione di uno o più ormoni dell’ipofisi anteriore, tra cui la prolattina (PRL), l’ormone della crescita (GH), l’ormone adenocorticotropo (ACTH) e l’ormone tireostimolante (TSH).

La sintomatologia dell’adenoma ipofisario dipende dalle dimensioni del tumore e dallo stato funzionale.

Il microadenoma ipofisario è solitamente un reperto accidentale, diagnosticato a seguito di approfondimenti radiologici eseguiti per altre motivazioni: i pazienti sono asintomatici a meno che il tumore non sia attivo dal punto di vista ormonale.

Il macroadenoma ipofisario si presenta con effetti di massa e, in alcuni casi, a sintomi legati al deficit o all’eccesso di uno o più ormoni ipofisari.

Tra i sintomi da effetto massa ritroviamo:

  • Compromissione visiva: presente in circa il 40-60% dei pazienti ed è legata alla compressione del chiasma ottico da parte dell’adenoma con conseguente deficit nella visione delle porzioni periferiche del campo visivo (emianopsia bitemporale). Più raramente può essere presente diplopia.
  • Cefalea
  • Deficit ormonale: per compressione e conseguente alterazione della funzionalità delle cellule ipofisarie sane circostanti l’adenoma.

I sintomi più frequenti legati a deficit ormonale dipendono dagli ormoni deficitari:

  • Deficit di gonadotropine: si presenta con amenorrea nelle donne e disfunzione erettile nei maschi.
  • Deficit di ormone della crescita (GH): negli adulti porta ad affaticamento e aumento di peso, nei bambini ritardi della crescita.
  • Deficit di ormone tireostimolante (TSH): aumento di peso, affaticamento, intolleranza al freddo e costipazione.
  • Deficit dell’ormone corticotropo surrenale (ACTH): affaticamento, artralgia, perdita di peso, pressione sanguigna bassa, vertigini, nausea, vomito e dolore addominale.

Riguardo gli adenomi funzionanti o secernenti, invece, la presentazione clinica dipende sostanzialmente dall’ormone secreto in eccesso:

  • Adenoma prolattino-secernente: la prolattina elevata sopprime i livelli di gonadotropina portando a infertilità, diminuzione della libido e osteoporosi in entrambi i sessi. Inoltre le donne possono presentare amenorrea e galattorrea mentre gli uomini disfunzione erettile e ginecomastia.
  • Adenoma GH-secernente GH (acromegalia): la presentazione include mal di testa, alterazioni della vista, artrite, sindrome del tunnel carpale e sudorazione eccessiva. Clinicamente i pazienti hanno caratteristiche facciali ruvide, protuberanze frontali, naso allargato, prognatismo ed aumento di dimensioni della lingua, delle mani e dei piedi. Al momento della diagnosi possono essere presenti altre comorbidità come ipertensione, cardiomiopatia, apnea ostruttiva del sonno e polipi del colon multipli.
  • Adenoma ACTH-secernente (malattia di Cushing): si presenta con aumento di peso, debolezza muscolare, disturbi dell’umore, faccia rotonda ed arrossata, accomulo di grasso sulla regione cervicale (gibbo), ecchimosi e strie viola sull’area addominale e sulle ascelle.
  • Adenoma TSH-secernente: i pazienti presentano palpitazioni, aritmie, diarrea, aumentata sudorazione, tremori, perdita di peso e gozzo.

In casi più rari, il primo segno può essere una improvvisa emorragia dell’adenoma ipofisario (apoplessia ipofisaria) che si manifesta con improvvisi i sintomi da effetto massa associati a carenza ormonale.

L’esame di prima scelta per la diagnosi di un adenoma ipofisario è la RM con mezzo di contrasto, che permette di caratterizzare la lesione e valutare il rapporto con le strutture circostanti e la presenza di eventuali emorragie intralesionali.

Inoltre, le linee guida della Endocrine Society raccomandano una valutazione biochimica completa, anche nei pazienti asintomatici. Questa valutazione include la misurazione di vari ormoni come prolattina, TSH, T4 libero, ormone follicolo-stimolante (FSH), IGF-1, GH, ACTH, estradiolo, testosterone, BMP e cortisolo mattutino a digiuno.

La gestione degli adenomi ipofisari richiede un approccio multidisciplinare attraverso la stretta collaborazione tra varie figure professionali (neurochirurgi, endocrinologi, otorinolaringoiatri, oculisti, radioterapisti, neuroradiologi), con l’obiettivo di sviluppare un piano terapeutico che sia individualizzato ed incentrato sul paziente.

In generale, adenomi non secernenti, asintomatici e di piccole dimensioni non richiedono un trattamento chirurgico e devono essere seguiti tramite un follow-up radiologico (RM seriate) ed endocrinologico, per valutare l’eventuale crescita tumorale e lo sviluppo dell’ipopituitarismo.

Negli altri casi il trattamento di scelta è la resezione minivasiva per via endoscopica endonasale con utilizzo di un endoscopio, che può portare alla rimozione completa del tumore e alla guarigione del paziente.

Negli adenomi prolattino-secernenti, invece, il trattamento di prima linea è medico attraverso la somministrazione di farmaci agonisti dopaminergici, mentre la chirurgia è riservata solo ai casi resistenti al trattamento medico, ai pazienti che sviluppano effetti avversi agli agonisti della dopamina e a coloro che desiderano una gravidanza con dimensioni del tumore superiori ad 1 cm. L’indicazione deve sempre essere valutato collegialmente da neurochirurgo ed endocrinologo.

La radioterapia può essere presa in considerazione nei pazienti con tumore residuo, persistente o ricorrente dopo il trattamento chirurgico.